Quando la BCE non era credibile....perchè lo è mai stata?
Quando la BCE non era credibile....perchè lo è mai stata?
Agli albori del disastro....
Le divisioni paralizzano la Bce.
Il capo economista Issing frena sui tagli dei tassi. Ma alcuni banchieri nazionali iniziano a esprimere insoddisfazione
EUROPA Anche dopo l' 11 settembre, la credibilità della Banca
centrale continua a calare. Sui mercati e tra i governi Le divisioni
paralizzano la Bce Il capo economista Issing frena sui tagli dei tassi.
Ma alcuni banchieri nazionali iniziano a esprimere insoddisfazione La
Germania è sull' orlo della recessione, trascina al ribasso le altre
economie europee. E ancora una volta la Banca centrale ha lasciato i
tassi di interesse invariati. Deludendo le aspettative di governi,
mercati ed economisti che si attendevano uno sprone alla crescita, un
gettito di fiducia. Mentre la Bce si aggrappa alla difesa della sua
indipendenza e alla lotta contro un' inflazione in via di rapida
sparizione, i mercati percepiscono invece una Banca centrale europea
quasi incapace di prendere la decisione giusta al momento giusto, di una
banca centrale sempre behind the curve, che segue il mercato, come si
dice in gergo tecnico-finanziario, invece di anticiparne le mosse, come
fa la Fed. Il problema, secondo alcuni attenti Ecb-watchers (gli
osservatori della Bce), risiede nel fatto che il Consiglio dei
governatori - composto da sei membri del board e da 12 capi delle banche
centrali nazionali - prende le sue decisioni con il metodo del consenso
e non con un voto espresso chiaramente. E, dietro le quinte, alcuni
elementi indicano invece spaccature profonde in materia di politica
monetaria, di cooperazione con i governi europei e le altre banche
centrali internazionali, e in materia di vigilanza sul sistema
finanziario. «Il board e i governatori sono "spaccati", e non
vogliono mostrarlo all' opinione pubblica - dice al Corriere della Sera
un alto banchiere centrale, che per ovvi motivi preferisce non vedere
citato il suo nome -. Il problema è tutto nelle decisioni del Consiglio.
Queste vengono prese a maggioranza, attraverso una faticosa opera di
creazione del consenso. Non arrivano quasi mai al voto. E non hanno una
leadership chiara. Quindi le decisioni importanti vengono continuamente
rinviate. E quando le prendono, è troppo tardi». Il treno del ristagno
economico o, forse, della recessione, è già partito. I mercati, insomma,
percepiscono la Banca centrale europea come distaccata dall' economia
reale e non in grado di cogliere in tempo un brusco rallentamento
economico per reagire in modo preventivo come invece ha fatto la Fed fin
dal gennaio scorso. Un problema noto già sulla carta. Ma nelle
ultime settimane sono giunti alcuni indizi concreti di una profonda
divisione dei governatori sulla riduzione dei tassi. Nella conferenza
stampa tenuta a Vienna dopo la riunione del Consiglio, l' 11 di ottobre
scorso, il presidente della Bce Wim Duisenberg ha parlato di «uno spazio
di manovra (per ridurre i tassi) molto piccolo». Secondo fonti delle
banche centrali, a opporsi a una riduzione dei tassi sarebbe stato
proprio il capo-economista Otmar Issing, responsabile della Politica
monetaria, della Ricerca e dell' Economia, cui spetta di diritto
proporre in Consiglio le mosse di politica monetaria. Ma per la prima
volta le dichiarazioni di Duisenberg hanno suscitato le ire di alti
funzionari delle banche centrali nazionali. Perché avrebbe dato l'
impressione di voler tenere i tassi fermi per qualche tempo, senza
esprimere adeguatamente la diversità delle opinioni all' interno del suo
massimo organo. «Sarebbe un errore interpretare così la posizione del
Consiglio, perché in realtà la porta è stata lasciata aperta», ha
sostenuto un banchiere centrale nazionale. Un altro alto funzionario ha
spiegato che il Consiglio voleva vedere dati espliciti sulla reale
minaccia alla crescita e sul calo dell' inflazione. «Io avrei attuato
una decisione più aggressiva - ha sostenuto il banchiere centrale
nazionale - e la Bce dovrebbe credere di più nelle sue stesse
previsioni, che mostrano un costo della vita in rallentamento». Qui si
vede, ha concluso il funzionario, «la differenza fra la Fed e la Banca
centrale europea». La divisione interna al Consiglio sulla politica
monetaria sembra quindi attraversare il board per scindere in due
fazioni di falchi e colombe anche i governatori. Recentemente, la Bce
è stata lodata da tutto il mondo per l' ottima cooperazione avviata con
la Fed il 17 di settembre scorso, quando un ribasso dei tassi è
riuscito a stabilizzare i mercati finanziari in subbuglio dopo i tragici
attentati americani. E' vero. In realtà, sostengono alcuni critici,
non si è trattato di un' azione concertata, come quella del dicembre '
98, seguita da un comunicato congiunto. La Fed aveva annunciato alla Bce
il taglio dei tassi prima dell' apertura dei mercati. Sono passate
molte ore prima che la Bce annunciasse anche il suo ribasso. E dalla
Finlandia Duisenberg aveva continuato a sostenere di non voler seguire
la Fed. Questo perché, ha spiegato Ernst Welteke, presidente della
Bundesbank e membro del Consiglio della Bce, «alle 16 era stata indetta
una riunione straordinaria in teleconferenza, che è terminata alle 17
con la decisione di ridurre il costo del denaro». Ma ai mercati è
sembrato che la Bce seguisse a ruota la Fed, invece di procedere
insieme. Perché? Secondo fonti delle banche centrali nazionali, ancora
una volta Issing non sarebbe stato del tutto convinto del passo da
attuare (sarebbe inutile chiederne conferma, perché questa è materia top
secret). In questo caso, la divisione in seno al Consiglio in materia
di cooperazione esterna sembra dividere soprattutto il board della Bce.
Anche la cooperazione con i governi europei nelle riunioni dell'
Euro-12 (i 12 Paesi che hanno adottato l' euro) non sembra procedere
come si era auspicato. Stretti fra il corsetto del disavanzo pubblico
dettato dal Patto di stabilità e l' economia sull' orlo della
recessione, il cancelliere Gerhard Schroeder e i ministri alle Finanze
francese, Laurent Fabius, e belga, Didier Reynders, hanno preteso un
ribasso dei tassi, minacciando di modificare il Patto. Ma, poco per
volta, la loro posizione si è ammorbidita. Sembra che sia in corso una
specie di scambio, ha sostenuto Daniel Gros, capo del Dipartimento
economico del Ceps di Bruxelles, in cui «i governi sostengono di non
voler più cambiare il patto e la Bce dice che farà qualcosa sul costo
del denaro». Ma così non è accaduto. Perché la Bce non ha toccato i
tassi. Anche qui, la divisione sembra attraversare il board e i
governatori.
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