"Rimbocchiamoci le maniche e ricominciamo dalla battaglia culturale".
Intervista a Luciano Canfora
Classicista di fama internazionale, esponente di spicco della sinistra
italiana, già iscritto a Rifondazione comunista e al Pdci, docente
presso l’Università di Bari, Luciano Canfora è uno degli intellettuali
più prestigiosi e controcorrenti che il panorama italiano può vantare.
Quest’anno ha partecipato in qualità di condirettore all’edizione 2014
di FestivalStoria, ospitata presso i locali dell’Università di San
Marino, dedicata questa volta al tema “Auri Sacra Fames”. Il denaro,
motore della Storia? e che chiude oggi i battenti. A lui abbiamo chiesto
di riflettere su questo concetto il quale se per certi versi appare
scontato di fatto non trova mai o quasi mai riscontro esplicito nelle
discussioni politiche o culturali sia a livello nazionale che
internazionale.
Professor Canfora, fermo restando che già sappiamo, come
sosteneva Marx, che l’economia è la struttura portante della storia
dell’umanità, e con essa il denaro e l’avidità dell’uomo, si può
intravedere un’epoca dove però questo aspetto ha prevalso più di altri
momenti?
Una storia dell’umanità in sintesi l’ha già
raccontata Lucrezio, il poeta latino del tempo di Cicerone e di Cesare, a
metà del primo anno Avanti Cristo. Nel quinto libro del “De Rerum
Natura”, una pagina formidabile, una specie di storia dell’origine della
famiglia, della proprietà privata e dello Stato, dice che il conflitto e
quindi la storia conflittuale dell’umanità, comincia quando fu scoperta
la proprietà. “Res reperta”, appunto la proprietà, e “aurunque”, cioè
l’oro. Riferimento del valore convenzionale. E forse, anche se non
possiamo saperlo con certezza, probabilmente già Epicuro si soffermava
molto su questo punto se lo stesso Lucrezio appunto lo ha molto tradotto
parafrasandolo e rievocandolo. Io sono convinto che Lucrezio sia stato
un pensatore originale e molto importante. Comunque l’intuizione che
l’intera vicenda umana sia legata a questo fenomeno e alla dinamica
della proprietà e al conflitto che essa determina, diventa lì, nel suo
pensiero, molto chiara. Ed è altrettanto chiara e ben presente nella
consapevolezza e nella coscienza di tutti gli storici e i pensatori del
mondo antico, che sono millenni di storia non certamente un quarto
d’ora. Insomma il materialismo storico non ha inventato nulla a
riguardo, ha solo preso coscienza di un convincimento radicato nella
realtà.
Anche quando si parla della “guerra motore della Storia” siamo sempre dentro il concetto di “scontro per la proprietà”?
Certo.
Che sia conflitto imperiale o conflitto civile sempre della stessa cosa
si tratta. Ci sono però dei momenti in cui tutto questo passa in
secondo piano nelle coscienze delle persone, e questo lo abbiamo visto
varie volte riprodursi, a seguito della conflittualità a base religiosa.
L’altro malanno dell’umanità sono infatti le religioni, che scatenando i
fanatismi contrappositivi, ovvero “quello che penso io è vero, quello
che pensi tu è demoniaco”, innescano appunto conflitti spaventosi che
possono durare secoli. L’Europa, che è un luogo molto ipocrita, per
secoli si è dilaniata per guerre di religione, totalmente sconvolgenti
dal punto di vista mentale. Si può ritenere che anche dietro, ma molto
mediatamente, questi conflitti allucinanti a base religiosa ci siano
motivi di carattere materiale. Di cui gli stessi protagonisti però non
sono consapevoli. Sicuramente il petrolio è alla base della guerra
lancinante del nuovo califfato contro i paesi vicini, ma i militanti di
quella realtà, completamente obnubilati dal punto di vista mentale,
credono di lottare per una religione, per una fede. Sono probabilmente
molto mediatamente manovrati e quindi la loro posizione appare ancora
più tragica in quanto diventano oggetti e non soggetti della storia.
Però tendo a pensare che se uno guarda da vicino anche in quel caso al
di sotto c’è la “res” come diceva Lucrezio.
Questo vale anche per le guerre di religione europee che prima ha citato…
Certamente
anche lì c’era un conflitti tra poteri. Non è che Lutero si ponesse
solo il problema del culto dei santi o di altre cose di questo genere.
C’era il potere romano implicato con le grandi potenze dell’epoca, la
Germania che aveva un ruolo in Europa. Però coloro che seguivano i vari
movimenti religiosi credevano anche loro di lottare per delle fedi
contrapposte più o meno motivabili. E talvolta il potere cercava o cerca
ancora di favorire questo equivoco. Per esempio durante tutto il
periodo della Guerra fredda, nello scorso secolo ventesimo, l’Occidente
ha cercato di convincere masse sterminate di persone, e molte ci hanno
creduto, che quella fosse una lotta per la libertà. E tanti si sono
impegnati convinti di fare questo tipo di battaglia. In un certo senso
la cartina di tornasole ha dimostrato il carattere propagandistico e
quindi falso di questa impostazione. E il risultato ce lo abbiamo sotto
il naso. Se la Russia di Putin continua ad essere il nemico ed è un
Paese governato dalle mafie capitalistiche, allora vuol dire che era una
lotta di potenza anche prima. E’ evidente. Però bisognava dire che era
per il mondo libero e via dicendo. E’ un po’ più difficile dirlo per la
Cina, perché è un Paese che forse può essere definito
nazional-socialista, in quanto ha un’economia mista, con la parte povera
con ancora un carattere socialista, mentre la parte ricca è
ultracapitalistica e con il partito unico che governa. Ma anche se il
capitale comanda, per l’Occidente la Cina resta il nemico giurato.
Bisognerà dunque cercare di dimostrare che stiamo lottando per la
libertà contro la tirannide anche lì. E Hong Kong a riguardo ci può
servire. Ci sarà tutta una frattaglia giornalistica e mediatica che si
sforzerà stancamente di ripetere questa solfa. Meno persone di prima
probabilmente ci crederanno però tenteranno di nuovo di far passare lo
stesso concetto di guerra del bene contro il male.
Nella fase in cui stiamo vivendo, e da qui l’attualità del
convegno, il denaro la fa da padrone più che nei decenni scorsi. E la
democrazia sempre più è diventata una scatola vuota, ammesso che sia mai
stata piena. Ma almeno una volta nell’immediato dopoguerra, le grandi
socialdemocrazie e in Italia il Pci, ma anche gli stessi partiti di
orientamento cattolico, lottavano per averla questa democrazia e non
davano per scontato che fosse già inverata. Ma questa fase è poi
terminata. C’è stato il fallimento del modello dell’Est per le ragioni
che sappiamo e con delle ripercussioni anche all’Ovest, con le sinistre
che hanno subito il fascino perverso del liberismo. Le forze più piccole
sono rimaste minoritarie e da noi sono di fatto scomparse. L’esperienza
del socialismo reale, che nessuno rimpiange, può essere però rivista
come un tentativo per mettere un argine a questo predominio del denaro
senza cancellarlo del tutto dal nostro orizzonte?
Io lo
direi senza tante esitazioni. Il fatto che ci abbiano martellato con
“l’impero del male” fa parte della frattaglia giornalistica di cui
parlavo prima. Che non corrisponde al vero. L’esperienza sovietica è
crollata perché non è stata capace di eliminare la disuguaglianza al
proprio interno. E quindi non era più credibile per i suoi stessi
concittadini e sudditi. Perché predicare un’ideologia egualitaria
praticando la disuguaglianza sia pure a livello molto più modesto di
quelli che oggi sono sotto i nostri occhi era un tallone di Achille
colossale. La gara spaziale, le guerre stellari, il contrasto militare
in tutto il pianeta. Sappiamo queste cose. Però è stata una gloriosa
esperienza durata abbastanza, una settantina d’anni del XX secolo. Per
cui se ne deve parlare nei limiti in cui viene concesso di parlarne. Con
rispetto ma anche con la convinzione che è stato un periodo eroico
della storia umana. Però la constatazione più rilevante secondo me è
un’altra: che cioè l’errore di partenza del presupposto stesso che mise
in moto allora un processo rivoluzionario di grandissima estensione,
perlomeno a livello euro-asiatico, era insito nel fatto che ci si
illudeva di essere giunti al capolinea della Storia, di essere al punto
di arrivo del sistema capitalistico. Intanto perché si aveva una
percezione molto limitata e parziale della realtà americana,
sottovalutata in pieno. Solo Trotsky ogni tanto intuiva qualcosa anche
perché c’era stato e dunque l’aveva vista da vicino quella realtà nel
periodo prerivoluzionario. E soprattutto perché con gli occhi di oggi
noi possiamo fare la seguente constatazione: l’esperienza del socialismo
reale ha modernizzato due gigantesche aree del mondo, l’ex impero russo
e la Cina. Trascinandole fuori da una situazione semi feudale, comunque
paleo e proto capitalistica, a chiazze isolate, e ha creato le
premesse, crollando sul piano politico, per un gigantesco sviluppo del
capitalismo in quei tre quarti del mondo che ancora non erano a quel
livello. Quindi la Storia del capitalismo è appena cominciata. Il fatto
che noi non lo vedremo defungere non ha nessunissima importanza. Perché
non è detto che uno nell’arco della sua vita debba vedere anche il
compimento di qualcosa del genere. Sarebbe una pretesa demiurgica. Però è
sciocco non rendersi conto che la Storia comunque cammina. Perché
nessuna forma economico-sociale è eterna. Dobbiamo sapere che contro
ogni previsione il socialismo reale ha accelerato lo sviluppo
capitalistico di paesi dove questo sviluppo non era arrivato perché la
Cina era in una posizione semicoloniale e la Russia di impero separato
essenzialmente agricolo e arretrato. E’ una durissima lezione della
Storia però anche illuminante. Spazza via l’idea, “ergo il capitalismo è
eterno poveri illusi avete pensato di liquidarlo”. Non è eterno. Ha una
storia molto più lunga di quella che allora, nell’illusione determinata
dalla fine della Prima guerra mondiale e dalla crisi gigantesca del
1917-18 e 19, si era pensato. Erano degli europei e non cittadini del
mondo quelli che pensavano queste cose. E come europei vedendo crollare
tre imperi che erano stati gli architrave della Storia, quello tedesco,
quello austroungarico e quello zarista, si erano convinti che si stava
voltando pagina nella Storia dell’umanità. In parte era vero. Ma non
nella frettolosa conclusione che eravamo arrivati al dunque. Nessuno può
pilotare la Storia, ma bisogna stare dentro quel fiume, serbando la
consapevolezza e prendendo atto che collocarsi dentro le lezioni della
Storia senza suicidarsi è il metodo giusto.
Tornando al
tema stringente dell’attualità e del dominio del denaro come possiamo
contrastarlo tenendo conto di quanto abbiamo detto finora e di uno
scenario europeo lontanissimo dal prendere atto di questa situazione?
L’Europa,
come dice tutti i giorni Sergio Romano che non è un bolscevico, è una
piccola articolazione della politica statunitense. E’ comico essere
europeisti ed è comico tutto il ciarpame che ci viene ammanito
quotidianamente. Che non è neanche oppio della Storia, è una droghetta,
mariuana. Il problema magari è come contrastare tutto questo. Secondo me
si tratta di una battaglia culturale, intellettuale, scolastica,
educativa, dovunque ci siano spazi di libertà di parola. Ma non più di
questo. Perché le forze politiche nate sull’onda del Novecento sono
arrivate al lumicino. E si è realizzato in forme diverse nei vari paesi,
quello che Gramsci aveva intuito sviluppando in modo originale certe
formulazioni del pensiero elitistico tardo-ottocentesco, come quello di
Pareto e dello stesso Croce. Che cioè siamo in una realtà di partito
unico articolato, diversificato al proprio interno ma sostanzialmente
unico. Quindi il periodo in cui il movimento operaio riuscì ad essere un
soggetto autonomo e fare una sua politica traducendola in opere, in
carte costituzionali e conquiste sociali, si è concluso con l’espulsione
appunto di questo soggetto. Quel che resta fa un’altra cosa, fa quello
che tradizionalmente fanno i partiti nei regimi capitalistici, cioè i
comitati di affari della borghesia. Giustamente divisi tra loro,
altrimenti l’inganno elettorale non funzionerebbe. L’aspetto
rivoluzionario, potremmo dire, del fascismo era quello di puntare al
partito unico. Perché pensava di realizzare una sua propria rivoluzione
nazionale, a metà strada tra le due alternative, quella capitalistica e
quella sovietica. Una rivoluzione fallita ed anche primitiva dal punto
di vista degli strumenti. In realtà il vero strumento è il partito unico
articolato, il gioco elettorale, come nel circo di Costantinopoli dove
si scannavano azzurri contro verdi. Quindi è inutile contare su quella o
quell’altra formazione politica. Poi la storia, si dice
heghelianamente, ogni tanto si crea il suo strumento. Il liquidatore del
comunismo italiano è già arrivato. E’ un gaglioffo di 40 anni che sta
facendo la parte sua e localmente sta attuando il piano di Gelli di
Rinascita democratica, cioè due partiti sostanzialmente equivalenti che
si dividono il potere. E gli altri scenari europei non sono molto
diversi. Certo, ci sono le specificità nazionali, ma la socialdemocrazia
tedesca che era il maestro di tutte le socialdemocrazie, è ormai lo
sgabello della Merkel e non può fare altro. Perché da solo non ce la
farà più. Prendiamone atto e cerchiamo di capire se si intravedono altre
possibilità. Ed io vedo a riguardo dei nuclei intellettuali che hanno
un referente: il magma gigantesco del mondo della scuola. Perché per
fortuna tutto questo sviluppo ha prodotto un’acculturazione di massa,
magari scandente, ma diffusissima e con un inevitabile bisogno di
capire. Quindi tutti quelli che hanno a che fare con quel mondo si
rimbocchino le maniche e cerchino di portare chiarezza.
Chiudiamo
affrontando sia pure rapidamente un concetto, ovvero il condizionamento
che la cultura e l’arte in particolare subiscono dalla presenza del
denaro e del profitto. Ne hanno parlato durante il Festival il critico
d’arte Roberto Gramiccia, che ha accennato all’imminente uscita del suo
ultimo libro “Arte e potere”, e la studiosa francese Isabelle Garo. Che
cosa pensa di questa tematica?
Pindaro diceva “l’uomo è
denaro”. E se i signori della Grecia del nord lo pagavano di più parlava
in poesia, dove in versi recitava di quanto fossero bravi coloro nella
corsa dei cavalli o nella ginnastica. Il fatto che il denaro compra
tutto e la sublime poesia pindarica di fatto sia un prodotto del denaro
alle persone informate non suscita stupore. Sul fatto che adesso ci sia
un salto di qualità non saprei. Se uno leggesse Balzac forse si
renderebbe conto che era già così. E’ irresistibile in un certo senso.
Ma perché fa leva su un elemento fondamentale elementare e biologico,
l’egoismo cioè, l’”amor sui”. L’altruismo, come l’antirazzismo o il
pacifismo sono conquiste mentali, ma il punto di partenza è un altro e
queste conquiste sono punti di arrivo di uno sforzo mentale nel fare dei
passi in quella direzione. Altrimenti l’istinto va naturalmente dove
abbiamo detto. Hobbes diceva “homo homini lupus” è la realtà, dovremmo
poi creare delle regole per frenare quella che sarebbe una guerra
ferocissima. Dopo la fine del fascismo, quella fase che potremmo
definire dei buoni propositi, per la generosità di tanti che si sono
gettati nella mischia e hanno dato la vita per questo, si è esaurita. E
il grande capitale che fa: governa direttamente. E’ stufo di questa
mediazione politica, le costituzioni da difendere, i principi
fondamentali e via dicendo. E questa è un’esperienza che a rigore non è
nuovissima. Basti ricordare la Francia di Luigi Filippo e dei banchieri e
quella di Pompidou dopo la crisi della quarta repubblica, che, dopo la
parentesi bonapartista di De Gaulle, riporta al potere i banchieri al
potere. Non è dunque una cosa nuovissima. Si tratta di un andamento
ciclico. Se si fidano del personale che hanno al proprio servizio lo
lasciano fare. Altrimenti i capitalisti intervengono direttamente.
Vivono dentro l’economicismo, vissuto come esperienza intellettuale
totalizzante. Non possono fuoriuscirne e men che meno distrarsi.
Fonte:http://www.controlacrisi.org/notizia/Conoscenza/2014/10/18/42718-rimbocchiamoci-le-maniche-e-ricominciamo-dalla-battaglia/#.VEKy27470a4.twitter
Autore: Vittorio Bonanni
Se ci esprimessimo semplicemente, dovremmo dire che per abolire il denaro occorrerebbe ... abolire i confini di tutti gli stati ma senza trattati! Solo abolirli tanto ormai ci siamo dentro e il processo è irreversibile. Si può o forzare per abolire o forzare per rifiutare ogni abolizione dei confini. Ma prima occorrerebbe insegnare ai religiosi ad insegnare ai propri fedeli, che il Dio da loro creduto, lo possono pregare nella propria intimità .... senza creare nuovi stati, nuove regioni, nuovi paesi, nuovi cortili e fingere che quel che è stato costruito per i loro Dei è solo Stato e quindi non è quel che Sarà!
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