"A Brasilia, dentro al Palazzo del governo, nel momento delle proteste, la presidente Dilma, conversava con gli imprenditori. Le sue dichiarazioni, dopo gli scontri, sono state sempliciotte. «Non è possibile utilizzare la Coppa del Mondo per fare politica", si è lamentata. Sì, perché la Coppa del Mondo è una questione politica. E il governo sta facendo politica con la Coppa proprio come i lavoratori, i senzatetto, gli indios. Tutti stanno facendo politica. Quindi è necessario che l'opinione pubblica lo sappia, ne abbia coscienza e prenda posizione. Non si può stendere un velo protettivo sopra la Coppa come se si trattasse di una festa popolare bella e allegra che alcuni "malfattori" vogliono rovinare. Non lo è. Vi si gioca anche il gioco della politica, delle alleanze, degli accordi, dei tornaconti e degli impegni futuri."
Improvvisamente,
come se si trattasse di una novità sorprendente, i giornalisti
brasiliani aprono le prime pagine dei giornali informando il pubblico
che gli "indios tirano frecce in segno di protesta nella capitale
federale." Come sempre succede, da 500 anni, i popoli indigeni, finché
se ne stanno al loro posto, ossia, bene in silenzio, nelle riserve loro
assegnate, al massimo lamentandosi piagnucolosamente, sono oggetto di
commiserazione. E, semmai, il 19 aprile (ndt. la giornata nazionale loro dedicata),
si può parlare di loro, ma al passato, come se costituissero una tappa
già superata sulla strada dell'integrazione nazionale. Ma basta che
scendano in lotta per la demarcazione delle loro terre, o contro i
ripetuti attacchi portati dalle multinazionali dell'agro-alimentare nel
tentativo di impossessarsi delle loro terre più ricche, perché subito le
forze di supporto dello "stato delle cose" incomincino le loro crociate
contro quelli che considerano "arretrati". Gli indios sono arretrati,
sempre.
Le
voci che si esprimono nei giornali e nelle TV mettono in discussione la
necessità di destinare così tanta terra per così pochi indios. Ce ne
sono circa 896.000 nel Brasile di oggi. Considerando che la nazione ha
180 milioni di anime, questi 896.000 sono come una ferita, di quelle che
non si rimarginano, che "infastidiscono" la vertiginosa avanzata del
progresso. C'è una chiara volontà da parte dei latifondisti e delle
industrie minerarie di appropriarsi di grandi appezzamenti di terra
indigena, ancora protetti, e che custodiscono ricchezze infinite, per
non parlare delle fonti d'acqua o dei giacimenti di minerali.
Da
qui la necessità di inoculare nell'opinione pubblica l'idea che loro
rappresentano l'arretratezza. Sarebbe meglio che si "integrassero" nella
società brasiliana, smettendola una volta per tutte con questa idea
"fastidiosa" di voler ridefinire le aree dei loro territori per poter,
poi, vivere "isolati". E come se non bastasse tutta questa campagna
contro il diritto degli indigeni ad avere la loro terra, li condannano
anche per voler continuare a restare nella "preistoria", perché è in
questi termini che definiscono il diritto di avere una propria cultura.
Non
è un caso che l'opinione pubblica venga bombardata dalle argomentazioni
sul "quanto sia insensato" questo bisogno degli indios di volere più
terre per vivere. Dopo tutto, non hanno già le loro riserve? Che altro
vogliono? I media non segnalano però che dal 2012 la Commissione di
Costituzione e Giustizia della Camera dei Deputati ha approvato
l'emendamento costituzionale 215 - ancora in corso al Congresso - un
terribile passo indietro legale voluto dalle forze vicine agli interessi
dei latifondisti e dagli evangelici. Con questo emendamento si rimette
nelle mani dei deputati la decisione nel merito della proprietà delle
terre non solo indigene, ma anche dei quilombolas (ndt. le comunità ancora diffuse in Brasile che furono formate dagli schiavi fuggitivi).
NOI NON SIAMO VANDALI. CI TOLGONO LE NOSTRE TERRE E NOI NON POSSIAMO NEMMENO AVVICINARCI A QUESTO "COLOSSEO" - hanno detto alcuni leader indigeni - INVECE DI RISPETTARE LA COSTITUZIONE E CONSEGNARCI LE NOSTRE TERRE, IL GOVERNO DA' LA PRIORITA' AD UN EVENTO CHE DURA SOLO UN MESE, INVESTENDO MILIARDI E ARRECANDO GRAVI DANNI ALLA POLAZIONE"
Queste
lobbies parlamentari sono emanazione del capitale internazionale
incarnato in aziende come la Monsanto, Bayer, Syngenta, Cargill e altri,
tutti legati al settore agroalimentare che sta aprendo nuove frontiere
negli stati agricoli come il Mato Grosso do Sul e l'Amazzonia, aree dove
ancora vivono molti indios. Da qui la necessità di avere il controllo
sulle demarcazioni. Ed è contro questo che i popoli indigeni stanno
lottando.
È
la vecchia battaglia per le demarcazioni che ancora devono essere fatte
che ha portato gli indios a Brasilia questo 27 maggio. Perché i governi
di Lula e Dilma Rousseff sono stati quelli che hanno portato a termine
meno omologazioni di terre fin dall'epoca del primo governo civile negli
anni '80. Dilma ha realizzato solo 7 omologazioni, malgrado esistano
oggi 339 terre indigene già individuate ma senza che sia stato preso
alcun provvedimento. Per non parlare delle altre 293 aree in fase di
studio.
È
chiara, dunque, la completa omissione del governo federale davanti alla
tragedia vissuta dalle famiglie indigene. Oltretutto nel 2012, secondo
la relazione del Consiglio Missionario Indigeno (CIMI), sono aumentati i
casi di conflitto e di morte che coinvolgono gli indios, frutto delle
invasioni dei fazendeiros (ndt. proprietari terrieri/latifondisti) per
lo sfruttamento illegale delle risorse naturali.
È
con queste premesse che le comunità originarie si inseriscono
all'interno dell'universo delle priorità del governo in questi tempi di
Coppa del Mondo. Loro sanno bene che il governo federale ha definito in
fretta e furia una legge che dà superpoteri alla FIFA e ai suoi partner
commerciali. Ora, se hanno tutta questa fretta per servire gli interessi
delle multinazionali perché non dovrebbe averne per demarcare quelle
terre che loro attendono da decenni?
Ed
è stata questa la lotta che gli indios hanno portato in questo maggio a
Brasilia. Essendoci poi una manifestazione indetta da senzatetto,
sindacalisti e altri lavoratori legati al Comitê Popular da Copa (ndt.
movimento articolato su tutto il territorio nazionale che si batte
contro gli abusi e le violazioni di diritti causati dalla Coppa del
Mondo FIFA in Brasile), gli indios si sono uniti al coro di proteste.
Era
chiaro che i media commerciali avidi di sensazionalismi avrebbero dato
risalto ad una freccia che è andata a finire sulla gamba di un
poliziotto. Che importa sapere che i poliziotti erano pesantemente
armati, che hanno lanciato gas lacrimogeni e sparato proiettili di gomma
e che sono intervenuti con la cavalleria per impedire che i
manifestanti raggiungessero lo Stadio Mané Garrincha recentemente
ristrutturato per la Coppa del Mondo.
Il
corteo voleva arrivare proprio là, dove è stato eretto il grande
Tendone della Coppa del Mondo, per approfittare del pubblico in visita
all'esposizione del trofeo mondiale, per poter dialogare con la gente
sui loro reali bisogni. Gli indios avevano programmato di inscenare un
rituale con la coppa ma, così come agli altri manifestanti è stato loro
impedito di raggiungere il sito.
Le
foto sui giornali mostrano gli indigeni in atteggiamenti "minacciosi",
con le loro frecce di legno contro poliziotti pesantemente armati e a
cavallo. E nell'immaginario di chi guarda, i "pericolosi", sono
ovviamente gli indios. È anche ovvio che "quella gente là", inclusi i
senza tetto, i senza lavoro ed i lavoratori in lotta, sono persone senza
un minimo di "patriottismo", dal momento che si ribellano contro un
evento che porterà così tanti benefici al paese.
La
presidente Dilma, nel Palazzo del governo, nel momento della protesta
conversava con gli imprenditori. Le sue dichiarazioni, dopo il
conflitto, sono state sempliciotte. "Non è possibile utilizzare la Coppa
del Mondo per fare politica", si è lamentata, così come si sono
lamentati anche i sostenitori del PT (ndt.
il PT, ovvero il Partido dos Trabalhadores, il Partito dei Lavoratori è
il partito di Dilma e dell'ex presidente Lula che è attualmente al
governo in Brasile) ed altri sostenitori del governo.
Ma
non è forse una nozione di base della lotta politica, approfittare di
momenti come questi appunto per fare politica? È il momento perfetto per
la grande politica, quella che ragiona in termini complessivi sui
problemi strutturali del paese, come appunto le concentrazioni di terre,
sia nelle campagne che nelle città. Se non ora, quando i movimenti
possono ottenere visibilità?
Non
sono stati i lavoratori che hanno deciso questo mega-evento. Ma visto
che ormai c'è, con tutte le sue magagne presenti e future questo è il
momento perfetto in cui le domande della gente affiorino e si esprimano.
Un governo con sufficiente sensibilità dovrebbe saperlo e agire di
conseguenza. Se ha avuto la forza di portare la Coppa del Mondo in
Brasile deve essere in grado di dialogare con i movimenti e discutere
sui perché dell'immobilità di certi argomenti mentre altri, invece,
vanno avanti spediti come treni. Le persone vogliono sapere perché le
aziende straniere avranno priorità ed esclusività nei profitti in questo
grande banchetto dei Mondiali. E il governo dovrebbe avere la dignità
di rispondere.
Il
fatto è che adesso è tempo di festa, dei turisti, della borghesia
nazionale, dei tifosi di calcio che non si preoccupano della politica
che sta dietro all'evento. Sì, perché la Coppa del Mondo è una questione
politica. E il governo sta facendo politica con la Coppa proprio come i
lavoratori, i senzatetto, gli indios. Tutti stanno facendo politica.
Quindi è necessario che l'opinione pubblica lo sappia, ne abbia
coscienza e prenda posizione. Non si può stendere un velo protettivo
sopra la Coppa come se si trattasse di una festa popolare bella e
allegra che alcuni "malfattori" vogliono rovinare. Non lo è. Vi si gioca
anche il gioco della politica, delle alleanze, degli accordi, dei
benefici e degli impegni futuri.
E'
per questo che anche la gente per le strade fa politica. La grande
politica. Quella che svela le ferite aperte di un paese dipendente che
si sviluppa all'interno del sottosviluppo generato dal sistema
capitalista, che esige sempre che uno sia povero in modo che l'altro
possa accumulare ricchezza. E ' evidente che se le destre approfittano
di questa incapacità del governo di dialogare con le masse, non può
certo essere un problema imputabile ai lavoratori e agli attivisti
sociali.
Il
fatto è che lì al di là dei sensazionalismi, della freccia nella gamba
del poliziotto, c'è un numero significativo di brasiliani che sanno
qual è il gioco politico che si nasconde nella Coppa del Mondo e,
giustamente, fanno il loro.
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