venerdì 15 novembre 2013

SUPERCAPITALISMO=EURO=LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI=MERCATO SENZA REGOLE=LOBBISMO=STATI UNITI D'EUROPA=PIU' CORRUZZZZIONE ISTITUZIONALE.

SUPERCAPITALISMO=EURO=LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI=MERCATO SENZA REGOLE=LOBBISMO=STATI UNITI D'EUROPA=PIU'CORRUZZZZIONE ISTITUZIONALE.
 
Da tempo non riesco a guardare i nostri principali talk show dedicati all’approfondimento politico senza provare conati di vomito. A parte la Gabbia di Paragone, il resto del panorama è nella migliore delle ipotesi desolante. Programmi come Ballarò di Floris e Otto e Mezzo di Gruber, poi, non hanno nulla da invidiare all’istituto Luce di mussoliniana memoria. Banalità, pensiero unico a difesa degli interessi della tecnocrazia nazista che guida la Ue e pizzini intimidatori all’indirizzo dei non allineati dominano la scena quasi dappertutto. Fino a ieri Servizio Pubblico di Michele Santoro, a parte la teatralità del presentatore campano, risultava perfettamente aderente rispetto al tragico contesto disinformativo dilagante (clicca per leggere). D’altronde la massoneria reazionaria non avrebbe potuto disintegrare scientemente l’apparato produttivo dei Paesi che compongono l’area euro senza prima essersi assicurata il controllo totale e asfissiante dei principali mezzi di comunicazione. Da anni a questa parte è sostanzialmente vietato avanzare critiche nei confronti dell’attuale costruzione europea. Dogmi come austerità, pareggio di bilancio e privatizzazioni vanno accolti per fede, pena l’esclusione dal circuito che conta con annesso oscuramento e definitivo oblio. Improvvisamente, trascorsi anni di sciagure causate da politiche miopi e criminali, una piccola breccia sembra essersi finalmente insinuata nel sistema. Dopo la dura presa di posizione del Tesoro americano nei confronti della Germania, guarda caso, alcuni importanti giornalisti hanno improvvisamente trovato il coraggio di osare l’inosabile. Solo così si spiega lo spazio concesso ieri da Santoro in prima serata ad un efficace Alberto Bagnai, economista eterodosso che vanta eloquio forbito e buone letture. In presenza del redivivo e balbettante viceministro Stefano Fassina, meno peggio del solito (clicca per leggere), l’autore de Il Tramonto dell’Euro ha letteralmente disintegrato, dati e grafici alla mano, tutta una serie di falsi miti che da decenni obnubilano la mente degli italiani. Demoni mostruosi e inattaccabili come lo spauracchio del debito pubblico, la bontà dei vincoli europei e l’utilità dei necessari sacrifici evaporavano di fronte al lucido e pacato argomentare del professore fiorentino. Solo uno dei miti che ancora affollano maleficamente la mente degli italiani resiste ancora a dispetto della più solare evidenza: quello tendente a leggere la crisi in chiave auto-accusatoria, quale scontato e giusto risultato dei soliti mali che affiggono l’Italietta dedita allo spreco, al malaffare e alla corruzione. E’ facile quanto scorretto soggiogare le masse titillandone l’atavico istinto alla autoflagellazione, per giunta spacciato con fare sulfureo quale unica via praticabile al fine di scacciare il male sopravvenuto a causa del peccato. Su questa linea, falsa e strumentale, si posizionavano un gruppo di giovinastri fortunatamente emigrati all’estero nonché il solito Marco Travaglio in versione Savonarola. E’ bene che i cittadini comprendano con chiarezza che la macroeconomia, checché ne dicano alcuni interessati scribacchini, non è una sottobranca dell’etica. Tutti naturalmente vorremmo vivere all’interno di una società onesta e rispettosa delle regole, ma, al di là della facile retorica, la ricchezza complessiva di un Paese dipende da altri fattori. Esistono infatti società molto corrotte ma ricche, così come ne esistono altre povere ma probe. Non c’è bisogno di scomodare la favola delle api di Bernard de Mandeville per rendersene conto (clicca per leggere). Giusto per fare qualche esempio: sapete quale grande azienda multinazionale ha dovuto pagare una multa salatissima per avere ammesso di avere pagato fior di tangenti a destra e a manca? La tedesca Siemens (clicca per leggere). La banca HSBC, al centro di condotte che definire spericolate è un eufemismo (clicca per leggere), è forse il frutto avvelenato della atavica corruzione asiatica, africana o sudamericana che genera povertà ed esclusione sociale? Non mi pare. La verità è semplice ed è un’altra. I Paesi ricchi elaborano spesso al proprio interno sistemi sofisticati e complessi per accaparrarsi ingenti risorse con qualunque mezzo riuscendo quasi sempre con la forza e con l’arguzia ad aggirare il controllo di legalità; quelli poveri, invece, esprimono in genere classi dirigenti che si vendono per un piatto di lenticchie. Vi faccio un’altra domanda: se domani, in virtù di un inasprimento dei controlli fiscali, l’evasione crollasse sensibilmente, al lume del vostro intelletto l’Italia risulterebbe nel suo complesso più ricca o più povera? Io vi dico che sarebbe più povera, perché la minore ricchezza privata circolante determinerebbe un ulteriore crollo dei consumi, mentre le maggiori risorse reperite provvisoriamente dallo Stato finirebbero con l’essere utilizzate da masnadieri come Letta e Saccomanni per pagare gli interessi alla banche speculative tedesche e francesi senza che il sistema Italia possa trarne nei fatti alcun beneficio sostanziale. In pratica l’ipotetico comodino pignorato da Equitalia al pensionato insolvente con il fisco finirebbe immediatamente nella disponibilità dei soliti voraci colossi finanziari internazionali che creano e disfano le carriere politiche di figuranti mediocri ed etero-diretti come Enrico Letta. Siete ancori sicuri del fatto che la giustizia formale cammini sempre in compagnia della giustizia sociale, del buon senso e della crescita economica? Perlomeno pensateci.
Note conclusive:
1) Alla fine degli anni ’80, poco prima dello scoppio di Mani Pulite, l’Italia superava in termini economici la Gran Bretagna, diventando così la quinta potenza industriale al mondo nonostante il dilagare di tangenti e mazzette (clicca per leggere)
2) Non è vero che la spesa pubblica italiana è esorbitante. Al contrario, spiega Brancaccio, è sotto la media Ue (clicca per leggere)
3) Non è vero che la montagna del debito pubblico italiano è figlia delle politiche allegre dei partiti della prima Repubblica. Il debito italiano esplode in conseguenza della separazione tra Tesoro e Banca d’Italia avvenuta nel 1981 per volontà di Beniamino Andreatta. Decisivo passo nella direzione dell’asservimento dell’interesse pubblico nei confronti delle oligarchie finanziarie private (clicca per leggere)
Francesco Maria Toscano
15/11/2013


Alberto Bagnai Servizio Pubblico 14-11-2013

Alberto Bagnai: “Se c’è un problema e se c’è rigidità del cambio, dobbiamo abbassare i salari. Ecco perché c’è una diseguaglianza, e c’è una intera fascia di popolazione che si chiede come si può votare certi partiti che hanno portato a questa situazione sull’euro.
 “C’è un’intera fascia di popolazione che si chiede come fa a votare i partiti che hanno accettato di aderire ad un sistema monetario in cui quando c’è uno shock ricade sul mondo del lavoro”

The Brussels business: viaggio nel mondo delle lobbies

 "The Brussels Business" è un documentario uscito recentemente ed il è il primo nel suo genere che cerca di far luce sull'influenza delle lobbies nel processo decisionale in Europa.
E' un film che esplora il mondo dei lobbisti con un messaggio chiaro: non c'è trasparenza nel cuore d'Europa. C'è poco controllo sui 15000 lobbisti al lavoro a Bruxelles.

 

Lawrence Lessig


Director, Edmond J. Safra Center for Ethics, Harvard University; Roy L. Furman Professor of Law and Leadership, Harvard Law School
Sintesi della lettura di Lawrence Lessig sulla corruzione istituzionale.
La lettura magistrale di Lawrence Lessig illustra i motivi e spiega il metodo che verrà usato nel progetto sulla corruzione istituzionale che verrà svolto nei prossimi 5 anni nell’Università di Harvard, dal Centro di Etica della Fondazione Edmond J. Safra. Lessig, direttore del Centro e coordinatore del progetto, inizia definendo 3 concetti fondamentali: l’influenza,l’indipendenza, la responsabilità.

Influenza
Per influenza si intende “una cosa (o persona) che esercita un’azione o un potere”. Esistono diversi tipi di influenza, come quella esercitata dalla legge, dalle norme, dal mercato,
dall’organizzazione/struttura del contesto (architecture) che possono essere “complementari” o“conflittuali”.

Le varie forme di influenza costituiscono insieme una “dinamica dell’influenza”
(economy of influence) che determina la direzione verso la quale ci si muove.

Indipendenza
Indipendente significa non-dipendente. Per dipendenza si intende “la relazione di una cosa (o una persona) con quello da cui essa è sostenuta; è uno stato di soggezione o subordinazione”. 
Questo concetto è stato al centro del pensiero dei padri della Costituzione degli Stati Uniti. A questo proposito Lessig cita una dichiarazione del presidente Thomas Jefferson: “[la dipendenza] suscita servilismo e venalità, soffoca i germi della virtù e prepara strumenti adatti ai progetti dell’ambizione”. L’indipendenza non va intesa come indipendenza da qualsiasi cosa, ma come una “dipendenza appropriata” (proper, giusta, corretta). Ad esempio un legislatore è indipendente se dipende dal popolo, un magistrato è indipendente se dipende dalla legge. Quindi è importante definire la dipendenza appropriata e limitare la dipendenza impropria. L’appropriatezza è in
funzione del soggetto a cui ci si riferisce: un’istituzione, una persona, una cosa.

Responsabilità
Per spiegare il concetto di responsabilità Lessig cita l’esempio di un grave scandalo avvenuto nel 2006 a Hardwicke, in un collegio dove si verificò uno straordinario numero di abusi sui bambini da parte di una singola persona. Chi è da ritenersi responsabile di questi abusi? Si chiede Lessig. La persona patologica che li ha perpetrati o anche tutte le altre persone che vedevano, sapevano e non hanno avvertito di ciò che stava accadendo nell’istituzione? Durante il processo l’attenzione è stata focalizzata esclusivamente sull’individuo patologico, come se gli altri fossero “immuni” da ogni responsabilità. Allo stesso modo Al Gore ha focalizzato l’attenzione su Bush come unico
responsabile di tutto ciò che stava accadendo negli USA. Questo concetto di responsabilità va rifiutato per abbracciare una visione più critica e più ampia che considera responsabile anche chi avrebbe semplicemente potuto fare qualcosa. Lessig spiega poi che la corruzione istituzionale non è la corruzione dei politici, le tangenti o qualsiasi violazione delle regole esistenti, ma è un certo tipo di influenza all’interno di una dinamica di influenze. E questa influenza ha due effetti: indebolisce
l’efficacia dell’istituzione e/o indebolisce la fiducia del pubblico nell’istituzione.

 So Damn Much Money: The Triumph of Lobbying and the Corrosion of American Government
Il Parlamento degli USA
Prende poi in considerazione l’istituzione del Parlamento USA citando il libro di Robert G. Kaiser (“So damn much money, the triumph of lobbying and the corrosion of american government” “Tanto dannato denaro, il trionfo della lobby e la corrosione del governo americano”) che racconta
il drammatico cambiamento di questa istituzione negli ultimi 15 anni. Il motore di questo cambiamento è stato la straordinaria crescita di un’industria della lobby.
La ”dinamica dell’influenza” (economy of influence) in questo caso agirebbe così: i lobbisti creano vantaggi ai membri del Congresso che a loro volta favoriscono gli interessi sostenuti dai lobbisti.

In questa situazione, ciascuno paga (o ripaga) l’altro e ciascuno dipende dall’altro, si crea cioè una dipendenza reciproca.
I lobbisti sostengono i parlamentari durante e dopo il loro mandato. Durante il mandato pagano per sostenere la loro campagna elettorale. Lessing fa presente che il costo delle
campagne elettorali è aumentato in modo impressionante a partire dal 2000, rispetto agli anni ’90 e i parlamentari sono diventati sempre più dipendenti dai finanziamenti dei lobbisti. Anche se “il denaro è sempre stato parte della politica americana - e ai tempi dell’Epoca Dorata sotto l’amministrazione Harding, lo era in modo ancora più spudorato di oggi - la grande differenza rispetto ad allora è la quantità di soldi, ormai completamente fuori controllo. 

I politici un tempo avevano bisogno e prendevano molto meno denaro di quanto ne prendano oggi attraverso i canali
ufficiali”. Il bisogno di tanto denaro li rende perciò dipendenti da questo sostegno. Inoltre i politici e tutto il loro staff seguono un comune modello “affaristico” (business model) focalizzato sulle attività che svolgeranno dopo il mandato. Come riporta Public Citizen, dal 1998 al 2004, il 50% dei senatori e il 42% dei membri della camera dei rappresentanti, una volta terminato il loro mandato,hanno intrapreso una carriera di lobbisti. Questo meccanismo fa sì che le decisioni politiche vengono deviate verso ciò per cui si ricevono finanziamenti e non verso altri problemi non sostenuti dal denaro dei lobbisti. Le enormi spese per la lobby sono altamente produttive, il tasso di ritorno
stimato è pari al 22.000%. Lessig ricorda che “nelle passate generazioni i giovani intraprendenti che arrivavano a Washington cercavano il potere e l’avventura politica, 

spesso con l’ambizione di riformare il paese o il mondo intero. Nell’ultimo quarto del ventesimo secolo queste aspirazioni
sono state soppiantate da un altro desiderio usuale per gli americani: diventare ricchi”. Fa l’esempio di una singola persona che ha guadagnato oltre 100 milioni di dollari all’interno di questo meccanismo della lobby.

Gli effetti
E’ plausibile che questa ”dinamica dell’influenza” (la 

connessione tra lobby, politici e interessi)
abbia un effetto che può manifestarsi con due modalità: l’indebolimento dell’efficacia dell’istituzione e l’indebolimento della fiducia del pubblico nell’istituzione.

In che modo l’influenza indebolisce l’efficacia dell’istituzione? Innanzi tutto sposta le priorità. Lessig cita a questo
proposito uno studio che analizza gli effetti della lobby sulla legislazione usando un modello molto
sofisticato (Hall RL, Deardorff AV. Lobbying as legislative subsidy. APSR 2006; Vol. 100, No. 1:
69-84.). La lobby favorirebbe una naturale alleanza tra lobbisti e legislatori, per il raggiungimento di obiettivi che diventano coincidenti.

Se ad esempio ci sono due problemi da affrontare come
interrompere la copia illegale dei CD o sostenere le madri lavoratrici, e i lobbisti supportano la legge che riguarda il primo problema, sarà questa a passare e non l’altra. L’influenza piega quindi le decisioni politiche agli interessi dei lobbisti e dell’industria per cui lavorano. Ma i politici negano
questi effetti e sostengono che si tratti di affermazioni “ridicole”. Inoltre il fatto che i lobbisti possano parlare direttamente con i parlamentari (“all’orecchio”) e con il loro staff , conferisce loro un grande potere. Ma i politici dicono che questo non cambia le loro scelte e i risultati. Ci sono alcuni casi semplici che dimostrano invece come il denaro influisca sui risultati. Ad esempio nel 2003 l’OMS stabilì che gli zuccheri aggiunti dovevano rappresentare solo il 10% delle calorie
introdotte quotidianamente. L’industria dello zucchero fece la richiesta assurda che l’OMS modificasse le sue indicazioni, portando la percentuale di zucchero al 25%. L’OMS rifiutò la
richiesta ma il governo USA (attraverso il Food and Nutrition Board) decise che la quantità di zucchero da assumere per una dieta bilanciata doveva essere il 25%. Il voto fu influenzato dalla presenza di rappresentanti dell’industria nel Comitato di valutazione. In questo caso è facile vedere che fu una decisione sbagliata. Lo stesso si può dire per il riscaldamento globale. Esiste un consenso unanime su 5 punti: 

1) il riscaldamento globale è reale; 
2) gli esseri umani sono i maggiori responsabili; 
3) le conseguenze sono molto negative; 
4) è necessario fermarlo rapidamente;
5) non è troppo tardi. 
Ben 1.000 studi sottoposti a peer review pubblicati dal 1993 al 2003 nella letteratura scientifica, concordano su questi 5 punti, nessuno di loro (0%) li ha messi in dubbio. Al contrario il
53% della stampa divulgativa (600 articoli pubblicati dal 1998 al 2002) li ha contestati. 

Alla base di questa differenza vi è la cosiddetta: 
“scienza spazzatura” (junk science) che ha determinato un ritardo di 10 anni nell’affrontare il problema. Anche in questo caso è facile vedere che si tratta di una scelta sbagliata. Tutto questo succede perché i parlamentari sono idioti? O perché sono guidati da qualcosa che non è la ragione? Secondo Lessig non sono idioti, si comportano così perché sono influenzati.
Fiducia pubblica nell’istituzione
L’88% dei californiani pensa che nel parlamento il “denaro compri i risultati”. Perché lo credono?
Perché le loro aspettative sono state tradite da alcuni eventi. Lessig cita ad esempio il caso di un politico che, pur vivendo in un distretto in cui la maggior parte delle persone era a favore della “public option” all’interno della riforma sanitaria, si è opposto ad essa dopo aver ricevuto circa 1 milione di dollari dall’industria sanitaria. Agire contro gli interessi degli elettori per seguire quelli del finanziatore non significa necessariamente che si è stati comprati ma inevitabilmente induce le persone a credere che “il denaro compri i risultati”. Il risultato è che oggi solo il 22% degli americani ha fiducia nel Congresso. Lessig riporta poi le parole di un vecchio senatore: “Credo che la vita e la morte siano al di sopra delle compagnie. Non penso sia corretto che io prenda soldi da loro” e commenta dicendo che questo modo di pensare oggi a Washington non esiste più, “è invisibile”.

La medicina
Solo il parlamento è corrotto? Sono molte altre le istituzioni accusate. Lessig prende in esame ad esempio il contesto della medicina. Nel 2005 sono stati prescritti farmaci per 200 miliardi di dollari, 5 volte tanto quanto prescritto nel 1990. Nel 2000 sono stati spesi 15,7 miliardi di dollari per promuovere la prescrizione dei farmaci e 4,8 miliardi per la promozione fatta di persona (dai detailers, i rappresentanti). Dal 1995 al 2005 si è passati da 38.000 a 100.000 rappresentanti con un rapporto di 2,5 medici per ogni rappresentante.
In questa pratica di promozione vengono distribuiti regali e campioni di farmaci. Sull’essenza dei regali, Lessig cita la definizione che ne è stata data da un rappresentante: 
“una tangente che non viene considerata tale” (Michael Oldani, in PLoS Med 2007; 4(4): e150.) Riporta poi ciò che dice di sé un rappresentante: “mentre il lavoro dei medici è curare i pazienti […] il mio lavoro è influenzare costantemente i medici. E’ il lavoro per cui mi pagano e sono addestrato a farlo. I medici non sono né addestrati né pagati per negoziare. Per la
maggior parte del tempo non si rendono conto di quello che stanno facendo [quando incontrano i rappresentanti delle case farmaceutiche]” (Shahram Ahari, in PLoS Med 2007; 4(4): e150). Ma queste sono piccole cose rispetto a ciò che sta accadendo nella ricerca,su cui si basano la scienza e la conoscenza.

Lessig cita a questo proposito alcune affermazioni di Drummond Rennie, docente all’Università di S. Francisco, ex vice direttore del NEJM e attuale vicedirettore del JAMA. Dice
Rennie: “Sono diventato direttore di riviste mediche giusto quando queste sono state interessate dalla frode scientifica. […] Dopo un anno che ero direttore, è diventato evidente per me che i rari casi di massacro della scienza non erano il problema principale. […] Ora abbiamo scoperto un problema immensamente più importante: la distorsione massiva delle evidenze pubblicate da parte dei ricercatori e dei loro sponsor, entrambi influenzati dal denaro”. E ancora: “Quando la posta in gioco è alta, alcuni scienziati sono disponibili, in nome del prestigio, a tagliare, falsificare, plagiare, ingannare, mentire, truffare e buttar via la loro reputazione, semplicemente per produrre più pubblicazioni, avanzare nella loro carriera e, ovviamente, fare soldi”. Il risultato – continua Rennie - è una falsa scienza. “In decine di studi pubblicati, sono state trovate distorsioni eclatanti in favore dello sponsor, che non sono invece presenti quando gli studi sono eseguiti da ricercatori liberi dal
finanziamento commerciale”. Rennie solleva un’importante questione che Lessig si propone di analizzare nella parte successiva della sua lezione: queste pratiche indeboliscono l’efficacia della medicina influenzando i risultati su cui i medici basano le loro decisioni o minano la fiducia del pubblico nella medicina?

Agenzie regolatorie
Lessig parla poi delle Agenzie regolatorie che hanno il compito di applicare la legge ai fatti. Ma quali fatti prendono in considerazione? Lessig cita l’esempio virtuoso della Corte Suprema che è stata chiamata a decidere se la compagnia di navigazione Exxon, in seguito ad un incidente causato
da una sua nave cisterna, dovesse pagare i cosiddetti “danni punitivi” (o danni esemplari). Dal momento che la richiesta di limitare i danni punitivi era basata su una ricerca finanziata in parte della stessa Exxon, la Corte Suprema si è rifiutata di considerare questi dati come affidabili. Un fatto ammirevole – dice Lessig - ma eccezionale. Le agenzie regolatorie infatti prendono continuamente decisioni basandosi su studi finanziati in parte dall’industria. 

Ad esempio l’EPA(EnvironmentalProtection Agency, l’Agenzia per la protezione ambientale), ha proibito l’uso del
piombo nella benzina solo nel 1995. Perché non lo ha fatto prima? Già nel 1921 si sapeva che il piombo era un veleno, come dichiarò lo stesso presidente della Compagnia nazionale del piombo.

Ciononostante è stato messo nella benzina per aumentarne l’efficienza. Nel 1965 l’American Petroleum Institute ha dichiarato: “tutte le evidenze mediche dimostrano in modo conclusivo che il piombo nell’ambiente non costituisce alcuna minaccia per la salute pubblica”. La Lead Industries
Association (Associazione delle industrie del piombo) ha affermato nel 1984 che “il piombo è stato usato nella benzina per 60 anni e non ci sono prove che abbia mai fatto male a nessuno”. Questa affermazione non è vera ma ha influenzato le decisioni dell’EPA che si sono basate su studi finanziati in parte dalle stesse industrie che dovevano essere regolamentate. Quando nel 1995 è stato finalmente tolto dalla benzina, il livello di piombo nel sangue dei bambini è sceso dell’80% e contemporaneamente il loro QI (quoziente di intelligenza) è aumentato. Fa poi altri esempi, come quello del Cromo di cui si conosceva la cancerogenicità fin dal 1951 ma ne è stato proibito l’uso solo nel 2006. Anche in questo caso il ritardo è derivato da studi finanziati in parte da chi aveva interessi alluso del Cromo. Tutti i casi sopra descritti ci portano quindi a domandarci se il processo di ricerca dei dati su cui basare le decisioni è corrotto nel senso descritto da Lessig precedentemente, di “corruzione istituzionale”.


Il giornalismo
Un’altra istituzione presa in considerazione è il giornalismo. Lessig cita il libro di McChesney e Nichols “The Death and life of American Journalism”(“Vita e morte del giornalismo americano”).
Una delle ragioni della morte del giornalismo sarebbe lo spostamento della pubblicità (e quindi delle entrate di denaro) dai giornali a Internet. Ma il vero declino del giornalismo si è verificato prima dell’avvento di Internet ed è collegato al cambiamento della struttura della proprietà. Il cambiamento è avvenuto tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 quando i giornali locali che appartenevano ad alcune famiglie, sono stati inglobati dalle catene di società che appartengono agli azionisti. In questo modo è stata tradita la fiducia tra il giornalismo e la comunità di cui era al servizio. E’ un certo tipo di proprietà che ha corrotto questa istituzione.

Conclusioni
Infine Lessig descrive come è nato il progetto sulla corruzione istituzionale che si svolgerà nei prossimi 5 anni. Uno spunto interessante è stato il concetto di “Supercapitalismo” (si tratta del titolo di un libro di Robert Reich). Il supercapitalismo sta creando un’ intensa competizione tra le industrie che le spinge a comportamenti volti solo ad incrementare l’efficienza e ad ottenere sempre maggiori profitti. Questa stessa pressione ha delle implicazioni anche per le istituzioni per le quali sarà sempre più difficile fare quello che devono fare. Secondo Lessig, la soluzione alla corruzione del Parlamento è relativamente facile. C’è ad esempio un disegno di legge “Fair election now Act” (Elezioni giuste ora) che prevede la creazione di un processo elettorale finanziato dai cittadini . I candidati alle elezioni riceveranno quindi denaro sia dallo Stato sia dai cittadini (al massimo 100 dollari per ogni cittadino). 
Questo non risolverebbe tutti i problemi del Congresso ma indebolirebbe la convinzione dei cittadini che “i soldi comprano i risultati”. 
In un sistema di finanziamento come quello sopra descritto sarebbe quindi possibile pensare che quando il congresso
commette degli errori questi sono dovuti al fatto che non ha prestato sufficiente attenzione al problema o al fatto che vi erano troppi democratici e pochi repubblicani o troppi repubblicani e pochi democratici, ma non al denaro. Ma per altre istituzioni le soluzioni non sono così facili.
Consideriamo la sfida della medicina ad esempio. Negli USA il 70% del lavoro clinico è pagato da enti privati. Non è possibile pensare che lo possa pagare lo Stato. C’è bisogno quindi di una
soluzione che, al di là del fatto che sia economica o no, trovi un modo per affrontare concretamente i problemi identificati in questa lezione sulla corruzione istituzionale. Obiettivo del progetto è ottenere un progresso tangibile su questi problemi etici pratici nei prossimi 5 anni. Possiamo fare qualcosa per riparare la dipendenza e restituire la dipendenza appropriata, la dipendenza dalla verità. Come si procederà? Quello che ci serve è un metodo di misura obiettivo che permetta di
andare oltre le ideologie personali. 

Il Laboratorio intende essere un luogo neutrale dove si possa
costruire un metodo per conoscere e sapere se e quando esista la corruzione di una determinata
istituzione. Il progetto comprende 3 fasi:
1) raccogliere dati e renderli pubblici, descrivere le influenze e misurare il cambiamento dell’istituzione
2) capire come è avvenuto il cambiamento e la perdita di fiducia del pubblico
3) capire le cause
Poi andranno sviluppati dei rimedi.
Abbiamo bisogno secondo Lessig di una serie di strumenti che aiutino le istituzioni a rispondere a questa situazione ripristinando la giusta dipendenza, ma ancor prima di questo vi è la necessità di strumenti che ci permettano di vedere e riconoscere il problema quando questo si presenta. 

Spesso infatti non sappiamo vedere i problemi quando riguardano il nostro campo di attività, li vediamo
meglio quando riguardano l’ambito di altri. Perciò nel progetto è previsto il contributo di varie professionalità: dall’accademia, alla medicina, all’economia. Per la medicina, collabora al progetto Marcia Angell, ex direttore del New England Journal of Medicine, ora docente all’Università di Harvard, autrice del libro “Farma&Co”. Lessig conclude usando come metafora la storia dell’incidente della petroliera della Exxon che, nel 1989, andò a incagliarsi nelle secche del fondale marino causando un grave disastro ecologico. Al momento dell’incidente il capitano della nave era ubriaco. Tutto l’equipaggio sapeva che era un alcolizzato, tuttavia nessuno ha preso l’iniziativa di avvertire chi di dovere del rischio che questo poteva comportare. Nessuno ha fatto niente.
“Quell’equipaggio siamo noi, che abbiamo il dovere di fare qualcosa”, dice Lessig, che dichiara la sua forte preoccupazione per l’urgenza e la gravità dei problemi mentre le istituzioni appaiono distratte. Constata inoltre che questa distrazione ha già avuto conseguenze catastrofiche. “Le istituzioni hanno perso la capacità di focalizzare la loro attenzione, hanno perso l’indipendenza proprio quando questa sarebbe stata più necessaria”. Ma di chi è la responsabilità? Delle persone
per bene che non hanno fatto niente di fronte a ciò che vedevano. “Siamo noi, i più privilegiati della società, che potremmo porvi rimedio. Chi se non noi?”
Traduzione libera di
Luisella Grandori, pediatra, Modena
Alice Fabbri, specializzanda in Sanità Pubblica, Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e
Interculturale, Università di Bologna
La lettura di Lessig si può ascoltare online a questo link

http://www.ethics.harvard.edu/news-and-events/lectures-and-events



reich robert b. - supercapitalismo

SUPERCAPITALISMO

Come cambia l'economia globale e i rischi per la democrazia
"Il supercapitalismo sta stritolando la democrazia"

L'economista Reich: «L’enorme quantità di denaro delle grandi imprese ingolfa le istituzioni» 
Il supercapitalismo sta stritolando la democrazia e gli unici che possono difenderla sono i cittadini. E’ questa l’idea-guida di Robert Reich, economista dell’Università di Berkeley, ex Segretario del Lavoro di Clinton e oggi consigliere di Barack Obama, che nel suo «Supercapitalismo» (edito in Italia da Fazi) affronta le cause della crisi globale che scuote non solo il sistema economico.

Che cos’è il supercapitalismo e perché ci minaccia?
«Rispetto al capitalismo che abbiamo avuto in passato quello odierno è supercompetitivo. Le tariffe di accesso ai mercati sono basse, i consumatori posso scegliere prodotti in ogni angolo del mondo, gli investitori possono girare il Pianeta in cerca di profitti più alti, i soldi viaggiano alla velocità della luce, lo shopping comparato è istantaneo, beni e azioni possono essere acquistati in un attimo su Internet. Ogni consumatore e investitore ha l’intero globo a disposizione. Tutto ciò ha creato un capitalismo che non avevamo mai visto prima».

Ma avere più opportunità a disposizione, per acquistare o investire, non dovrebbe essere qualcosa di positivo?
«E’ certo una cosa buona per chi consuma e investe ma non lo è per i cittadini che hanno a cuore valori comuni come la stabilità dell’occupazione, che temono l’evaporazione dell’equità, il surriscaldamento del clima, la scomparsa dei piccoli negozi a vantaggio della grande distribuzione. Il supercapitalismo è drammaticamente più efficiente del predecessore ma riduce i diritti dei cittadini».

Per questo lei afferma nel libro che il supercapitalismo indebolisce la democrazia...
«Esatto».

Allora come è possibile rinvigorire la democrazia?«Il primo passo è comprendere ciò che sta avvenendo. Molte persone, a destra, credono che il benessere dei consumatori e degli investitori sono gli unici valori importanti dei quali dobbiamo occuparci. A sinistra invece sono in molti a credere che le grandi corporation e il capitalismo globale sono per natura diabolici, alla fonte di ogni male del mondo. Se ho scritto questo libro è perché desidero che la gente comprenda quanto entrambe queste posizioni sono semplicemente errate. Il supercapitalismo può essere causa di molti benefici, come in effetti avviene, ma devono essere bilanciati. L’unica maniera per proteggere la democrazia e i nostri diritti civili è comprendere i limiti del supercapitalismo».

Lei afferma che i cittadini sono diventati impotenti e la crisi dei subprime non potrebbe essere conferma migliore per gli effetti a catena che sta avendo. Da dove nasce questa dinamica che sta stritolando milioni di famiglie?
«I cittadini sono diventati impotenti a causa degli immensi capitali delle grandi imprese che hanno ingolfato le istituzioni democratiche. Negli Stati Uniti avvocati, lobbisti e alti dirigenti delle corporation hanno preso Washington. Lo stesso avviene a Bruxelles e nelle altri maggiori capitali dell’economia mondiale. Ma non è tutto. Se cediamo alla tentazione di pensare solo sulla base di consumi e investimenti dimentichiamo il nostro ruolo di cittadini. Dobbiamo occuparsi dell’educazione, ad esempio. Un cittadino ben istruito è fondamentale al funzionamento della democrazia mentre ora si parla di educazione solo come frutto di un investimento privato. Non più come un bene pubblico. Considerare una laurea universitaria solo come un passo verso un salario più alto significa avvalorare l’ideologia di un supercapitalismo che erode l’idea stessa di avere dei propositi, degli interessi comuni».

Invocare una maggiore difesa dell’interesse pubblico significa chiedere una rivalutazione della politica? «Non solo della politica ma della pratica della cittadinanza. Le nostre opinioni pubbliche, negli Stati Uniti, in Italia e altrove, sono molto ciniche rispetto alla politica. Il cinismo c’è ovviamente sempre stato ma oggi è assai radicato. Dobbiamo chiederci di chi è la responsabilità di resuscitare la democrazia. La risposta è semplice: tocca a noi farlo. Se non sentiamo tale responsabilità, se non ci uniamo per riuscirci, non avverrà mai».

Se l’obiettivo è resuscitare la democrazia quale ruolo può avere lo Stato? «Le istituzioni pubbliche sono fatte dai cittadini. Se il pubblico consente che le istituzioni vengano degradate, corrotte, conquistate da fondi privati o di grandi corporation, allora lo Stato non potrà più funzionare. Ognuno di noi è un consumatore e, spesso, un investitore, ma ognuno di noi è anche un cittadino e dobbiamo comportarci come tale, proteggendo i nostri diritti. Solo riuscendoci porteremo le istituzioni a funzionare meglio e la democrazia a risollevarsi».

La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime ha sollevato la necessità di più stringenti regolamenti sulle banche, sui mercati. Ma chi dovrebbe o potrebbe farlo? «Il pendolo della regolamentazione sta tornando indietro. Per anni, da Ronald Reagan a Margaret Thatcher, la tendenza è stata verso minori regole, ora invece si va in direzione opposta. Ma il punto non è questo bensì se stiamo regolando ciò che serve oppure no. Se le istituzioni politiche vengono dominate da ricchezze private e potere delle grandi imprese le regole non potranno essere nell’interesse collettivo, serviranno solo a proteggere i ricchi e i potenti. Le grandi corporation stanno già manovrando negli Stati Uniti per cambiare i regolamenti finanziari, del settore immobiliare o del settore energetico al fine di ledere gli interessi dei concorrenti. Il pubblico chiede regole nuove e più efficienti ma chi siede al posto di comando cede troppo spesso alle pressioni dei più forti».

Perché i politici esitano a difendere i diritti dei cittadini?
«Dipendono troppo dai media per essere rieletti e i media in molti Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, dipendono dalla pubblicità diretta e indiretta che viene in misura sempre maggiore dalle grandi imprese. E’ un circolo vizioso».

Lei è un consigliere del candidato democratico Barack Obama. Ritiene che diventando presidente potrebbe essere un leader di tipo diverso?
«Lo spero. La cosa interessante di Obama è il fatto di essere riuscito ad accendere l’interesse in vasti settori dell’opinione pubblica che in genere restano lontano dalla politica. Nessuno era riuscito a fare altrettanto dall’epoca di Robert Kennedy. Se riuscirà a far continuare tale partecipazione avrà almeno il 50% di possibilità di combattere le forze dello status quo». 

 05/07/2008 Maurizio Molinari
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